Introduzione

L’idea di questa breve raccolta di fiabe, leggende e racconti ungheresi nasce dall’ambizioso intento di far scoprire ai lettori di casa nostra, piccoli o grandi che siano, una delle più affascinanti culture del panorama europeo. I testi che abbiamo scelto per questo volume appartengono a vario titolo ad un ‘corpus’ di fiabe e racconti tradizionali che affondano le loro radici nella notte dei tempi. Come acutamente osservato da Claudio Mutti nell’introduzione al volume su "Miti e Leggende della Transilvania" (Erdély in ungherese), alcune fiabe tradizionali dell’Ungheria riprendono temi e motivi attribuibili alla cultura magiara pre- cristiana. La conversione al Cristianesimo degli ungheresi, che iniziò sostanzialmente con l’incoronazione nell’anno 1000 di Stefano I, portò ad una feroce lotta contro i culti pagani e sciamanici fino a quel tempo praticati da tutta la popolazione ed anche all’introduzione dell’alfabeto latino al posto dell’antichissima scrittura runica magiara (sopravvissuta solo in Transilvania). Ed ecco allora che non più tollerata a livello ‘ufficiale’, la ‘vecchia’ religione e gli antichi costumi trovarono nella tradizione orale e collettiva la loro nuova comoda dimora. Gli studi fatti in questa direzione hanno portato a risultati a dir poco sorprendenti: è infatti assodato che i motivi più originali e talvolta difficilmente comprensibili delle fiabe ungheresi (la figura del taltòs- sciamano o taltòslo- cavallo sciamano; l’esistenza di un altro mondo raggiungibile 10 attraverso aperture nel suolo, il rito dello squartamento ecc.) siano in realtà un lascito della cultura magiara delle origini. Una cultura fatta appunto di sciamanesimo, di rispetto religioso per animali come il cavallo o alcuni tipi di uccelli (per lo più rapaci, come il mitico ‘turul’, il falco totemico delle tribù magiare). L’enigma sull’esatta provenienza dei ‘clan’ ungheresi prima della ‘Honfoglalàs’ (conquista della patria, ovvero l’attuale Ungheria) diventa meno oscuro se si guarda a questi elementi delle origini, che legano in maniera evidente gli antichi magiari alla più vasta cultura delle popolazioni nomadi della sconfinata steppa euroasiatica. Da accennare a questo proposito la presenza nell’odierna Russia settentrionale ad est dei Monti Urali, nel Distretto autonomo degli Hanti e dei Mansi, di due popolazioni di ceppo linguistico ugrico (lo stesso del magiaro) parlanti una lingua paragonabile ad un ungherese arcaico.

Leggendo con occhio attento le fiabe ungheresi è possibile quindi ripercorrere a ritroso con l’immaginazione quella immensa distesa pianeggiante che per secoli ha visto il passaggio da est verso ovest delle più imponenti e sconvolgenti invasioni dell’Europa. Basti pensare alle orde mongole di Genghis Khan oppure, molti secoli prima, ad Attila e alla sue misteriose tribù riunite sotto il nome di ‘Unni’. E proprio ai mitici Unni si rifanno alcune leggende magiare, che attribuiscono una parentela diretta fra i discendenti di Attila e suo figlio Csaba ed i ‘Székely’, ‘enclave’ di lingua ungherese che da secoli abita le montagne della Transilvania. Non a caso in apertura della nostra raccolta abbiamo scelto di inserire l’Inno dei Székely, cantato ancora oggi tanto in Ungheria, quanto dai magiari transilvani: i ‘Székely’ sono unanimemente considerati dagli ungheresi i ‘custodi della tradizione’. E ciò ben si comprende conoscendo un minimo la geografia e soprattutto la storia della Transilvania, un territorio che riuscì anche nei momenti più duri della dominazione turca, e poi successivamente con la creazione dell’Austria-Ungheria, a mantenere un certo grado di autonomia rispetto agli sconvolgimenti della Storia. Oggi i Székely e gli ungheresi di Transilvania, dopo un lungo periodo buio iniziato con l’annessione alla Romania in seguito al trattato del ‘Trianon’ e proseguito con i regimi comunisti rumeni, sperano con l’appoggio dell’Unione Europea di riuscire a conservare la propria identità storica e linguistica attraverso forme di maggiore autonomia. Tornando alle nostre considerazioni generali sul valore del patrimonio culturale magiaro, diventa a questo punto quasi superfluo sottolineare l’importanza dello studio di tipicità forti e preziose come quelle rintracciabili nei testi tradizionali ungheresi. Così scriveva il grande poeta romantico Jànos Arany introducendo proprio un volume di fiabe popolari. ‘Non è nostro fine analizzare nei particolari il valore rappresentato dalle raccolte di fiabe. Questo valore è stato infatti riconosciuto da Paesi più colti del nostro, i quali ci hanno oltrepassato pure nella ricerca di tali ingenue trattazioni. Notiamo solamente che questo tipo di ricerca è più importante per noi che non per altri, dal momento che, scomparsa la nostra epica antica, non ci resta null’altro se non la fiaba come strumento per poter cogliere la manifestazione dello spirito popolare universale ’. Queste parole del grande poeta ungherese ci aiutano a spiegare il motivo per cui nel nostro volume abbiamo scelto di inserire anche i testi in lingua originale. Questa scelta, infatti, non ha nulla a che fare con la volontà di offrire questo libro come strumento di studio o comparazione linguistica ungherese-italiano. Ma al contrario abbiamo scelto di inserire i testi originali delle fiabe affinché anche gli studenti magiari possano essere stimolati allo studio del loro preziosissimo bagaglio culturale e tradizionale. Nel contempo speriamo che gli studenti italiani possano grazie a questa raccolta di fiabe avvicinarsi con curiosità e maggior consapevolezza ad un universo culturale affascinante come quello ungherese.